La "questione morale", tanto dibattuta negli anni di "tangentopoli ", con il dovere all' onestà di chi ricopre una carica pubblica, e successivamente vissuta dalla gente, con una campagna moralizzatrice che puntava il dito contro il cattivo uso della cosa pubblica, è rimasta ancora purtroppo irrisolta. La politica delle prime e seconde Repubbliche, non è stata in grado di affrontare esaurientemente la delicata e imprescindibile questione. A questa primigena questione morale se ne è aggiunta adesso, una nuova.
Le notizie che ci giungono in questi mesi, mediate dalla cronaca, sui costumi ,sulle abitudini e sulle scelte, più o meno tendenzialmente, "affettive" di personaggi pubblici, investono di nuovi significati la cosidetta "questione morale" assumendone non solo i connotati dell'onestà nella gestione della cosa pubblica, ma anche le caratteristiche della ricerca e del giudizio sui comportamenti , che coinvolgono la sfera privata, delle persone che rivestono cariche pubblche .
Il dramma che ha interessato il Governatore Marrazzo è stato raccontato dai mezzi di informazione con crudezza, spesso si sono ricercate notizie e particolari da "romanzo d'appendice ", nel tentativo di sconvolgere la "pruderie" di qualche lettore o di saziare la curiosità delle novelle "tricoteuses" , intente ad annodare la maglia. davanti al moderno patibolo televisivo e in attesa che il sangue coli dallo schermo .
In alcuni salotti mediatici, la curiosità squilibrata dello spettatore, è stata soddisfatta con ospiti esibiti , come "corpi di reato" oppure come corpi , attraverso cui è possibile commettere un ipotetico reato o un supposto peccato.
La dovizie di informazioni, si pone in stridente contrasto, con la carenza di "pietas" e con la mancanza di comprensione, verso una persona che ha visto la propria dignità, ma anche quella dei propri familiari, calpestata e derisa. Vagliata secondo i canoni di una morale, che ha le fondamenta su di una sorta di egoismo giudicante; senza considerare e riflettere che le imperfezioni della persona giudicata, sono in molte circostanze le nostre stesse imperfezioni. Senza chiederci, se la trave che sta nel nostro occhio, è più grande della pagliuzza nell'occhio degli altri.
L'animo umano è un insieme di bene e di male in continua, incerta lotta fra loro; in esso coabitano opere di immensa carità e gesti di sconsiderato egoismo; è così per i potenti, per i politici, per i religiosi , per la gente comune. Tuttavia, tra chi sceglie di condannare il "peccatore"anzichè l'errore, preferisco la condanna dell'errore e la misericordia nei confronti del peccatore. Ricordo che il principio guida indicato da Papa Giovanni XXIII, fu quello di usare: "la medicina della misericordia". Con questo annuncio del principio della misericordia ,contrapposto a quello della severità, è avvenuto un cambio di passo, anche nell'azione della Chiesa ,avvalorato poi dai documenti conciliari.
Le leggi ci impongono di evitare quel male , che gli Stati identificano e i tribunali condannano come reati ; ma la morale innalza un tribunale più alto di quello delle leggi. Per i tribunali è sufficiente non violare le leggi; la morale non si accontenta che noi evitiamo il male, ma vuole che operiamo per il bene , che non rimaniamo impassibili dinnanzi all'affermazione del male. Per i tribunali la indifferente staticità di un individuo di fronte al male, non è oggetto di giudizio e di condanna, basta che personalmente non commetta il male e così comportandosi non commetta reato.
La morale, non parla di reati , parla di peccato; le sue prescrizioni non sono leggi dei tribunali di stato, la morale chiede di improntare le nostre azioni al bene; non ci chiede solo di sembrare virtuosi, ma di esserlo davvero.
L'esercizio del potere, di qualsivoglia tipo, spesso investe la mente di chi lo esercita di una sorta di presunta onnipotenza e della inconscia illusione, di poter esorcizzare con l'attuazione di tutto quanto desiderano, le paure e le angosce insite nel destino stesso dell'uomo, orientato verso la vecchiaia e la conclusione dell'esistenza.
Da qui emerge la sproporzione tra il senso della politica, contaminata da un distorto esercizio del potere, e il valore della politica intesa come costruzione del bene comune, come attenzione agli esiti, che le scelte e le decisioni della politica, hanno sulla vita degli altri cittadini.
La condanna morale per chi riveste cariche pubbliche, si può anche ingannare; ed evitare con accortezza, che la stima sin ad un certo punto conquistata, possa incrinarsi sotto i giudizi della pubblica opinione.
Ma quando, pur nella limitatezza dei comportamenti umani e nella loro insita fallibilità, arriva per il potente il momento della presa di coscienza dei propri errori; allora inizia il cammino, per il recupero di quella più importante stima di se stessi ,che non si inganna mai e della stima dei propri familiari, che la debolezza di un momento, illusoriamente forte, perchè vestito dei paramenti del potere, ha fatto vacillare.
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